30 gennaio 2012

Aristocratici russi nella Firenze dell'Ottocento: Villa Basilewsky - Russian aristocrats in XIX Century Florence: Villa Basilewsky


Lungo il viale Filippo Strozzi, che forma un'ampia U circondando le imponenti mura della Fortezza da Basso e ha inizio e fine nei sottoattraversamenti della Ferrovia, è rimasta una delle testimonianze lasciate dalla colonia di Russi, formata soprattutto da aristocratici, che si stabilì a Firenze nella seconda metà dell'Ottocento.
Si tratta della Villa Basilewsky, nata come residenza del consigliere di collegio Aleksandr Bazilevskij e di sua moglie Ol'ga Nikolaevna. Alla morte di quest'ultima, il figlio Petr Aleksandrovič donò la villa per la creazione di un ospedale a lei intitolato.
Ancora oggi la villa conserva questa funzione, e tuttavia riesce a non rivelarla all'esterno, mantenendosi composta, silenziosa, seminascosta dagli alberi del suo disadorno giardino.
Non sfoggia alcuna eleganza, ma nell'assolato pomeriggio d'inverno in cui l'ho ritratta, la sua facciata rivolta verso il viale splendeva di una luce tenue e calda, spennellata dal blu violaceo delle ombre degli alberi.
(matite acquarellabili e pennello ad acqua su carta Fabriano Artistico 12,5x18 cm)


Along the boulevard Filippo Strozzi, having the shape of a "U" surrounding the imposing walls of the Fortezza da Basso, with its beginning and its end at the railway subways, there is one of the testimonies left by the community of Russians, mainly formed by aristocrats, who settled in Florence in the second half of the Nineteenth Century.
It is Villa Basilewsky, born as the residence of the College Counsillor Aleksandr Bazilevskij and of his wife Ol'ga Nikolaevna. When the latter died, their son Petr Aleksandrovič donated the villa for the creation of a hospital to be dedicated to her.
Still today the villa maintains this function, and yet it manages not to reveal it outside, keeping itself tidy, silent, half-hidden by the trees of its unadorned garden.
It doesn't show any kind of elegance, but in the sunny winter afternoon when I portrayed it, its side facing the boulevard was shining with a soft, warm light, covered by the violet blue brushstokes of the shadows of the trees.
(water-soluble pencils and waterbrush on Fabriano Artistico paper 5"x7")

22 gennaio 2012

Sketchcrawl n. 34 agli Uffizi - Sketchcrawl no. 34 at the Uffizi


Per lo Sketchcrawl n. 34 ieri mattina Roberto ed io ci siamo incontrati nel Piazzale degli Uffizi, luogo che nonostante il nome è qualcosa di diverso da una piazza, essendo una sorta di strada-cortile racchiusa su tre lati dalle ali del museo più importante della città, che è anche uno dei più noti al mondo.
Avendo poco tempo a disposizione ho fatto un unico schizzo, per il quale ho scelto il lato più luminoso del piazzale: quello rivolto verso l'Arno, abbellito dalla scenografica loggia attribuita a Bernardo Buontalenti.
Davanti a soggetti come questo, sono sempre combattuta fra il desiderio di prendermi tutte le libertà che posso e l'impulso di forzarmi alla massima precisione per riprodurre in modo esatto le forme e le proporzioni di ogni singolo elemento. Non riuscendo a risolvere questo dissidio, i miei risultati lasciano sempre un po' a desiderare, ma non dispero di raggiungere prima o poi il giusto compromesso.
Nonostante l'afflusso di visitatori verso la Galleria, il tempo che ho trascorso nel piazzale è trascorso nella massima tranquillità, mentre qualche pittore di strada sistemava i cavalletti per vendere i propri lavori ai turisti e qualche piccola comitiva attraversava rapida lo spazio scuro d'ombra.


For the Sketchcrawl no. 34, yesterday morning Roberto and I met at the Piazzale degli Uffizi, a place that despite its name is something different from a square, being a sort of street-courtyard enclosed on three sides with the wings of the most important museum in the city, which is also one of the best known in the world.
Having little time available I made just one sketch, for which I chose the brightest side of the Piazzale: the one facing the river Arno, embellished by the scenographic loggia attributed to Bernardo Buontalenti.
When I am in front of subjects like these, I'm always torn between the desire of taking all the freedom I can and an impulse to force myself to the highest precision in order to reproduce exactly the shapes and proportions of every single element. Since I can't manage to solve the quarrel, my results always leave a little to be desired, but I haven't given up hope of reaching the right compromise, sooner or later.
Despite the flood of visitors towards the Gallery, the time I spent in the Piazzale  passed in the greatest quietness, while some street-painter placed his easels to sell his works to the tourists and some small group crossed rapidly the space dark for shadow.

06 gennaio 2012

Il tabernacolo di campagna - The country tabernacle



Durante la passeggiata nei pressi di Rimaggio, vicino a Firenze, che ho già descritto in alcuni precedenti post, abbiamo incontrato diversi tabernacoli: alcuni di origine antica, recanti le tracce di opere pittoriche degne di interesse anche se pesantemente danneggiate dal tempo, altri di epoca più recente, semplici testimonianze della devozione popolare senza alcun pregio artistico.
Il tabernacolo che ho scelto di ritrarre continuando la mia sperimentazione della tecnica dei pastelli a olio appartiene senza dubbio a quest'ultima categoria, ma nella sua semplicità costituisce qualcosa di molto comune e familiare per chiunque frequenti antiche città, paesi o strade di campagna.
La tradizione dei tabernacoli è di origine romana antica, e deriva dall'usanza di porre lungo le strade dei tempietti con immagini sacre a protezione dei viandanti. Con l'epoca cristiana la tradizione proseguì, prima con raffigurazioni della Madonna, poi con quelle dei santi. I tabernacoli erano usati anche come punti di riferimento per la predicazione all'aperto, molto diffusa soprattutto durante la terribile epidemia di peste del 1348, per evitare affollamenti al chiuso.
Dal Quattrocento cominciarono a ospitare opere pregevoli di artisti famosi, per poi diffondersi ulteriormente con opere fatte in serie, come i calchi in terracotta e ceramica prodotti dalle botteghe di Donatello o dei Della Robbia.
Ancora oggi, soprattutto in campagna, anche i più umili tabernacoli come quello che ho raffigurato vengono curati e ornati con fiori di campo da qualche anziana devota, e nonostante la fretta ansiosa che sembra affliggere tutti, continuano a raccogliere le preghiere dei passanti, espresse non esclusivamente con le parole ma anche solo con un segno della croce, un pensiero, un sospiro.


During the walk around Rimaggio, near Florence, that I described in some of my previous posts, we met several tabernacles: some of ancient origins, bearing traces of paintings of some interest although heavily damaged by time, others more recent, simple marks of people's devotion without any artistic value.
The tabernacle that I chose to paint, carrying on my experiments with oil pastels, undoubtedly belongs to the latter cathegory, but in its simplicity is something very common and familiar to anyone who usually goes around old cities, villages or country roads.
The tradition of tabernacles is of ancient Roman origin, and derives from the usage of putting small temples along the streets to protect wayfarers.
In Christian age the tradition continued, first with representations of the Virgin Mary, than of the Saints. Tabernacles were used also as points of reference for outdoor preaching, largely widespread during the terrible plague of 1348, in order to avoid crowds of people indoors.
From the Fifteenth Century they started to host precious works by famous artists, and then became more widespread with mass works, like the terracotta or ceramic models produced by the workshops of Donatello and Della Robbia.
Still today, especially in the country, even the more humble tabernacles like the one that I have portrayed are attended and decorated with wild flowers by some pious old lady, and despite the anxious haste that seems to afflict everybody, keep on collecting the prayers of the passers-by, expressed not exclusively with words but also with just a sign of the cross, a thought, a sigh.